Il futuro del risparmio italiano passa necessariamente da una previdenza efficiente e sostenibile. Ma affinché le pensioni integrative, il secondo pilastro della previdenza, possano finalmente fare breccia nella platea dei risparmiatori tricolore deve prima avvenire un cambiamento radicale sul fronte dei costi.
Le commssioni eccessive
«Chiediamo all’offerta di rivedere i prodotti in vendita: quelli esistenti sono particolarmente cari – 150 punti base all’anno la media –, e con questi costi è davvero difficile convincere i giovani a iscriversi». Così Mario Nava, che nella Commissione Ue ricopre il ruolo di direttore generale per gli Affari sociali, l’occupazione e l’inclusione, ha esortato gli operatori dell’industria nel corso di un convegno del Salone del Risparmio di Milano.
Un mercato di nicchia che non funziona
«Quello dei fondi pensione complementari», ha specificato Nava, «non è più un mercato di nicchia, ma deve essere un mercato di massa che coinvolga in particolare i giovani». Giovani lavoratori per i quali serve anche «la flessibilità: gli strumenti di pensione integrativa sono attrattivi a livello fiscale, ma appena si cambia Paese cambia anche la fiscalità, e questo li rende complessi e meno accessibili».
Cosa non ha funzionato finora
Il direttore generale ha ammesso anche i fallimenti che ci sono stati finora in ambito europeo. Ad esempio i Pepp, i prodotti pensionistici individuali paneuropei, lanciati nel 2022 e pensati come opzioni di risparmio pensionistico trasparenti, efficienti in termini di costi e mobili, che non sono mai decollati davvero anche per via dei differenti regimi fiscali e dei ritardi nella ricezione da parte di alcuni Paesi membri.
Al contempo, ha precisato Nava, sul fronte dell’Unione dei Risparmi e degli Investimenti «i progressi negli ultimi anni non sono stati straordinari, anche se a onor del vero abbiamo avuto come Commissione vari problemi tra cui pandemia, inflazione, guerre». Il problema, ha sottolineato il direttore generale, «è che una fetta importante del nostro risparmio va negli Stati Uniti: senza un mercato interno unico i risparmiatori trovano le alternative altrove. Come Commissione dobbiamo lavorare tantissimo su questo punto».
Le soluzioni allo studio
Ma quali sono le soluzioni allo studio del braccio esecutivo dell’Ue? «La Commissione ha molto insistito con gli Stati membri sul concetto di approccio olistico multi-pilastro, con il coinvolgimento delle parti sociali», ha segnalato Nava. «Poi ci sono altri strumenti nell’agenda come il tracking delle pensioni: il risparmiatore previdenziale deve sapere quanto riceverà grazie alla previdenza complementare tra 20, 30 o 40 anni».
E la previdenza pubblica?
Tra i presenti al convegno c’era anche Gabriele Fava, presidente dell’Inps, al quale è stato chiesto di fare il punto sullo stato di salute della previdenza pubblica, il cosiddetto primo pilastro. «Per ora il sistema pensionistico regge, ma quello che sappiamo è che entro il 2050 più di un terzo della popolazione italiana sarà over 65».
Questo, ha sottolineato, «ci porta a dire che il mercato del lavoro si sta trasformando: avremo sempre più lavoratori anziani e meno giovani. Io credo che l’unica vera ricetta sia aumentare la base occupazionale». Per quanto riguarda le pensioni, il numero uno dell’Inps ha ricordato che «i giovani lavoratori di oggi si troveranno ad andare in pensione con il contributivo pieno, e per questo devono iniziare a versare subito: questo è quello che compete a noi». A questo punto però «sarà senz’altro utile ed efficace agganciare il secondo pilastro, cioè la previdenza complementare: non dimentichiamo infatti che la progressiva estensione del metodo contributivo rende gli assegni pensionistici sempre meno generosi».
Un gap da colmare
Con gli attori istituzionali erano presenti anche i rappresentanti dell’industria pensionistica: Daniela Dario, presidente del fondo Cometa, Emanuele Bellingeri, ceo per l’Italia di Ubs Asset Management («in Paesi come gli Stati Uniti e il Regno Unito il secondo pilastro pesa per il 40%, l’Italia è ancora molto indietro e deve attivarsi per colmare il gap», ha detto) e Ugo Loeser, amministratore delegato e direttore generale di Arca Fondi sgr.
Più adesioni collettive delle imprese
Le proposte per il rilancio della previdenza complementare, ha detto Loeser, «sono molteplici: dal silenzio assenso alla flessibilità in uscita passando per una nuova spinta alle adesioni collettive delle aziende, che nonostante i costi bassi e i rendimenti interessanti faticano a decollare». In buona sostanza, l’idea è che fondi pensione aperti e Piani Individuali Pensionistici (Pip) facciano accordi con le aziende al pari dei fondi negoziali, innescando una riduzione dei costi. Statistiche Covip alla mano, gli Isc (indicatori sintetici di costo) per i comparti azionari, considerando un periodo di permanenza di 10 anni, a fine 2024 erano per i fondi negoziali dello 0,4%, mentre per gli aperti decollavano all’1,72% e per i pip addirittura al 2,6%. (riproduzione riservata)????????????????????????????
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