Banche, mafia e i cavalieri del lavoro tra inchieste e finanziamenti alle guerre Sull’Isola è oligopolio a tre con Banca agricola, Unicredit e Intesa San Paolo

Banche, mafia e i cavalieri del lavoro tra inchieste e finanziamenti alle guerre Sull’Isola è oligopolio a tre con Banca agricola, Unicredit e Intesa San Paolo

Uomini d’affari, revisori dei conti, grandi imprenditori, nobili proprietari terrieri e ricchi industriali, componenti dei consigli di ammnistrazione aeroportuali ricoprono ruoli di vertice nelle banche. Le stesse banche che finanziano le guerre e che, tramite le grandi multinazionali, controllano i settori energetici del paese. Luce, acqua, gas, porti e aeroporti sono nelle mani dei grandi […]

Uomini d’affari, revisori dei conti, grandi imprenditori, nobili proprietari terrieri e ricchi industriali, componenti dei consigli di ammnistrazione aeroportuali ricoprono ruoli di vertice nelle banche. Le stesse banche che finanziano le guerre e che, tramite le grandi multinazionali, controllano i settori energetici del paese. Luce, acqua, gas, porti e aeroporti sono nelle mani dei grandi banchieri e delle grandi banche. Su tutte Unicredit e Intesa San Paolo. Un terreno in cui pure le popolari giocano il proprio ruolo. Queste negli anni sono state sottoposte a un progressivo accorpamento verso i grandi istituti di credito. Del resto è una storia che si ripete, sebbene con contorni diversi e che costituisce il prosieguo di un processo di industrializzazione delle banche cominciato negli anni ’80, quando le piccole popolari moltiplicavano gli sportelli e parallelamente subivano le prime inchieste.

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È il periodo della Banca agricola etnea (Bae), di Graci, Finocchiaro, Rendo e Costanzo. Della banca popolare Sant’Angelo di Licata, di Banco del Sud e del Banco di Sicilia. Ed era proprio in Bae che gli uomini fidati di Graci, tutti componenti del cda, esercitavano il proprio potere entrando in contatto con i Santapaola. Vicende per le quali il presidente e genero di Graci Dino Aiello ha patteggiato una pena nell’operazione Sagittario dopo essersi dato alla latitanza.

Quarant’anni dopo si assiste a un progressivo raggruppamento delle piccole banche attraverso fusioni e incorporazioni. Operazioni che hanno dato vita a un vero e proprio oligopolio costituito da Unicredit, Intesa San Paolo e Banca agricola popolare di Sicilia, le eredi degli istituti di credito degli anni 80. Oligopolio per le prime gestito dai propri organici regionali, per Baps invece dal consiglio di amministrazione. E in queste realtà si avvicendano volti e nomi dei più importanti businessman dell’Isola. Per far parte di questa cricca basta avere un terreno agricolo, qualche concessionaria di automobili ed essere presidente o consigliere in almeno una decina di società che controllano altrettanti settori del territorio.

Le parentele sono un altro tassello importante per far parte della rete dei grandi banchieri. Tre banche dietro le quali si celano altri istituti finanziari e bancari, tutti collegati tramite partecipazioni in società. E tutte controllate contabilmente dai soliti revisori dei conti: ovvero Deloitte e Touche spa, Young & Ernst, Kpmg e Pwc. L’anello di collegamento però sembra essere, tra gli altri, la società di pianificazione, controllo e gestione patrimoniale Prometeia. Che con le banche effettua operazioni di rafforzamento patrimoniale, consulenza, sviluppo software e ricerca economica per banche, assicurazioni e imprese. Anche in questa società si incontrano i membri delle diverse banche. Tra gli altri, per esempio, vi è Julie B. Galbo, già componente del Consiglio di amministrazione di Unicredit.

Così a gestire milioni e milioni di euro ci sono i presidenti delle associazioni imprenditoriali come Sicindustria e Confcommercio, docenti universitari, ex magistrati, cavalieri del lavoro e dell’Ordine di Malta e i componenti di club esclusivi come il Rotary e il Lyons. Attorno a queste ruotano una moltitudine di associazioni e fondazioni. Ed è proprio lì che si realizzano i conflitti d’interesse. Organizzazioni che con le banche c’entrano e non c’entrano. Le collaborazioni si moltiplicano e con esse il giro d’affari. Ed è anche intessendo una rete di rapporti che le imprese di costruzioni e di consulenza fiscale riescono ad ottenere appalti pubblici.

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Tramite investimenti, fondi a credito, titoli obbligazionari le banche finanziano le più grandi industrie dei settori legati alla distruzione degli ecosistemi e alla deforestazione, come per esempio quello lattiero-caseario, della mangimistica o dei biocarburanti nonché l’esportazione di armi per la conduzione di guerre. Non ultima quella che ha raso al suolo la Palestina. A dirlo sono due indagini condotte da Greenpeace nel 2024 e dal gruppo olandese di ricerca finanziaria Profundo nel 2025.

Greenpeace fa un report delle risorse finanziarie che i grandi istituti bancari mettono a disposizione delle industrie. E tra queste vi sono Bunge Limited, la società con sede a Sant Louis in Missouri e Cargill che si occupa della produzione di soia, mais, cacao e zucchero anche in Europa: due delle imprese leader nel settore dell’agroalimentare con sedi anche in Italia; i produttori di carne brasiliani Jbse e Marfrig, imprese di macellazione con sede a San Paolo e i produttori e trasformatori di olio di palma, legno e cellulosa su scala globale Royal golden eagle (Rge) e Sinar Mas.

Tra le istituzioni finanziarie che forniscono crediti sotto forma di prestiti ai settori con forti impatti negativi sugli ecosistemi ci sono UniCredit che dal 2016 ha finanziato circa sette miliardi di dollari, Intesa San Paolo con due miliardi, poco più di un miliardo ha investito Mediobanca e 95 miliardi il Banco Bpm. Tranne quest’ultima, le stesse banche hanno investito complessivamente quasi 234 miliardi di dollari.

La ricerca pubblicata dalle Ong olandesi BankTrack e Pax, invece, dimostra che Israele tra ottobre 2023 e gennaio 2025 ha emesso obbligazioni di guerra per un valore totale di 19,4 miliardi di dollari. Soldi che sono serviti al massacro che la Corte internazionale di giustizia ha configurato come «genocidio» e che sono stati conferiti da sette banche che hanno finanziato l’opera di pulizia etnica avvenuta in Palestina. Tra queste vi è anche Bper Banca che ha acquistato war bonds per 99 milioni di dollari.

La banca guidata da Fabio Cerchiai finanzia la guerra in Palestina e le industrie che contribuiscono alla deforestazione del pianeta. Quattro milioni di euro li ha spesi per l’acquisto dei componenti dei caccia F-35, anche questi utilizzati per l’attacco di Hamas e delle forze palestinesi. Oltre 170 miliardi di dollari li investe nelle industrie ad alto impatto ambientale. Di recente, di Bper e Banca di Sondrio si discute peraltro della fusione in quella che è un’operazione dal valore di quasi quattro miliardi di euro. Nel frattempo Bper ha acquistato 1.550.000 azioni della banca Popolare di Sondrio, ad un prezzo unitario per azione di 8,8365 euro, pari a circa allo 0,34 per cento del capitale sociale. Dal 2019 a far parte del gruppo bancario Bper c’è proprio Arca Fondi. Ovvero la società in cui sono riunite la maggior parte delle banche che finanziano la guerra in Palestina.

Dati rilevati dalla ricerca del gruppo olandese Profundo

Dalla “relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento” emerge che sei delle banche più importanti su scala nazionale sono coinvolte nel Joint Strike Fighter, il programma di finanziamento degli Stati uniti per la realizzazione dei caccia F-35. I cacciabombardieri usati anche dall’esercito israeliano per bombardare la Striscia di Gaza.

Tra queste ci sono Banca nazionale del lavoro (Bnl), Banca popolare di Milano (Bpm), Banca popolare Emilia-Romagna (Bper), Crédit agricole Italia, Intesa Sanpaolo e Unicredit. Fanno transitare sui loro conti oltre 20 milioni di euro, derivanti dalle esportazioni di componenti degli aeromobili. Mezzo milione di euro viene trasferito nei conti di Bnl, circa due milioni e mezzo di euro per Bpm, quasi quattro milioni di euro per Bper, altrettanti nella banca Crédit Agricole Italia, cinque milioni per Intesa Sanpaolo e quattro per Unicredit. Un ingente flusso di denaro sulle spalle delle atrocità perpetrate da Israele.

In alcuni casi, le stesse banche che finanziano la guerra hanno anche un rapporto tra patrimonio netto e crediti deteriorati superiore al 100 per cento. Stando ai dati dell’indagine condotta dal Sole 24 ore nel 2017 sarebbero state cento le banche che risultano insolventi. Tra queste c’è anche Banca Sant’Angelo.

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Al di là del coinvolgimento in dinamiche internazionali e delle vciende legate ai crediti deteriorati, pare che le storie delle tre banche che sull’Isola costituiscono un oligopolio sia accomunata non solo dalle partecipazioni e dai legami tra componenti dei rispettivi consigli di amministrazione, ma anche dalle rispettive storie che vedono un’origine comune. Come Baps, anche la genesi di Unicredit è legata alla Sicilia: l’istituto bancario nasce infatti con l’incorporazione del Banco di Sicilia così come Intesa San Paolo nasce dall’incorporazione di Banca sicula di Trapani e banco Ambrosiano. In entrambi i casi, con una storia legata a mafia e logge massoniche.

Vediamo allora con chi e come le grandi banche gestiscono gli affari sul territorio siciliano.

Banca agricola popolare di Sicilia

Arturo Schininà, Saverio Continella, Angelo Firrito, Paolo Bonaccorso, Raimondo Maggiore, Adriana Puglisi, Daniele Manenti, Antonella Leggio, Gaetano Cartia, Gaetana Iacono

Tra viale Europa, via Rosario Gagliardi, corso Vittorio Veneto e via Monsignor Giovanni Iacono a Ragusa si erge un palazzone di cemento su sei piani. È la Banca agricola popolare di Sicilia, la cassaforte dell’economia ragusana, nata dalla fusione tra banca agricola popolare di Ragusa e Banca Sant’Angelo. Una di quelle banche-industrie che dagli anni ’80 hanno cominciato a prosperare con incredibile rapidità tra crediti deriorati, forme di garanzia per la costruzione di palazzi finiti in malora, la realizzazione di progetti non andati in porto, debiti saldati attraverso trattamenti favorevoli per i componenti della banca.

Da uno degli ingressi della banca c’è un via vai di dipendenti, entrano ed escono tutti imbellettati, in giacca e cravatta. Per usare la metafora del direttore generale Saverio Continella, Baps è uno dei tanti pesci nell’acquario del sistema fatto di banche e multinazionali. Il volume dell’acquario di Baps cresce di anno in anno. Basti pensare che sin dai tempi di Bapr detiene il cento per cento di Immobiliare agricola Ragusa srl, di Meet srl, e della finanziaria Finsud Sim.

Nel 1998 con tre distinte operazioni acquisisce mediante fusione per incorporazione la totalità di Banca di credito cooperativo di Belpasso, in cui Antonio Pogliese, rinviato a giudizio per bancarotta, padre dell’ex sindaco di Catania e attuale senatore a palazzo Madama, è stato componente del collegio sindacale. Adesso è stato nominato consulente dal commissario unico alla depurazione delle acque Fabio Fatuzzo, al costo di 50mila euro all’anno.

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«Le banche sono come i pesci nell’acquario: se l’acqua è pulita il pesce vive, se l’acqua è sporca il pesce non vive. È tutta questione di saper scegliere i fondali corretti». Saverio Continella di fondali e di acque, se non sporche, perlomeno agitate, sembra saperne più di tanti altri. Lo dimostrano le indagini a carico di Baps, nata dalla fusione tra Banca agricola popolare di Ragusa e banca Sant’Angelo, il cui consiglio di amministrazione è guidato da Arturo Schininà.

Quelle scaturite dal prezzo sovrastimato delle azioni a cui è conseguita l’indagine per il reato di ostacolo alla vigilanza bancaria per il quale Continella è stato poi archiviato. A nuotare nell’acquario ci sono le più note famiglie ragusane: ricchi imprenditori, viticoltori e grandi esponenti dell’industria e imprenditoria ragusana. Che fanno parte di una banca in cui, a detta degli azionisti, «c’è stato un periodo in cui solo la Cia poteva entrare».

Da quattro anni Continella è componente del comitato esecutivo e della commissione regionale Sicilia di Abi, l’associazione bancaria italiana. Il fratello Pierfrancesco fa parte dell’associazione forense acese e il suo nome compare nelle inchieste Beta e Beta 2 a fianco degli avvocati Trantino (padre e figlio) quali difensori di fiducia di alcuni degli imputati del clan mafioso Messina-Romeo. In particolare Continella ha difeso Michele Spina, 46 anni, figlio della cognata dell’ex re dei supermercati di San Giovanni La Punta Sebastiano Scuto, condannato in via defInitiva a otto anni di carcere per associazione mafiosa e, insieme ad Andrea Lo Castro e Stefano Barbera, al risarcimento di parte di ottomila e settecento euro al Comune di Messina e al centro Pio La Torre.

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Quella di raggruppare i grandi imprenditori sembra essere un’abitudine per le banche e per il sistema che ruota attorno ai grandi istituti di credito. Soprattutto per le banche di credito popolari, da sempre fonte di problemi per Bankitalia. Che ne ha sempre consigliato la fusione con grandi banche per garantirne la solidità. E’ quanto avvenuto nel caso della fusione per incorporazione tra Banca Sant’Angelo e Bapr che ha dato vita proprio a Banca agricola popolare di Sicilia. Un’operazione effettuata dopo lo scandalo che ha travolto circa 20mila azionisti rimasti a secco. Quelle che i vertici di Baps definiscono «situazioni di tensione con una parte dell’azionariato».

Della questione se ne sono occupati nel 2021 in commissione di inchiesta sulle banche quando Baps era ancora Bapr. Tra il 2016 e il 2018 è emerso che le azioni di banca agricola erano sovrastimate, gli azionisti si sono riversati in richieste di rimborso ed è scoppiato il caso. «Rapportavano il valore delle azioni con metodo patrimoniale e non al reale valore di mercato, perché questo non era frutto di una valutazione in borsa ma lo scambio tra domanda e offerta avveniva all’interno della banca stessa – è la ricostruzione di parte degli azionisti coinvolti – La realtà è che il valore di acquisto era gonfiato, successivamente è stato modificato il calcolo e il valore è cominciato a scendere con il meccanismo che si è poi inceppato e hanno creato un mercato alternativo».

Il risultato: migliaia di azionisti costretti a vendere i propri titoli perdendo un capitale. «Un centinaio di persone hanno adito direttamente il tribunale delle imprese – racconta a questo giornale un risparmiatore che vuole mantenere l’anonimato – il procedimento si è chiuso condannandoci alle spese e abbiamo dovuto aderire a questo mercato farlocco. Siamo riusciti a convocare un tavolo con diversi incontri ma si è arenato tutto».

Per il gruppo di Baps il sovrapprezzo delle azioni con perdite di migliaia e migliaia di euro per gli azionsiti non è stato l’unico impiccio. La scalata di Baps per occupare il terzo posto tra le banche in Sicilia non è stata semplice. A cominiciare dalle gravi irregolarità riscontrate da Bankitalia in banca Sant’Angelo prima della fusione con Bapr. Per le quali all’istituto sono state irrogate 110mila euro di sanzioni.

Per Antonio Coppola, l’ex presidente del consiglio d’amministrazione di Banca popolare Sant’Angelo, sono state irrogate sanzioni per 43 mila euro, all’ex amministratore delegato Ines Curella 80mila euro, per il vicepresidente del cda Serafino Costanza 22mila euro. Agli ex consiglieri in totale sono state comminate sanzioni per 42mila euro. Ad Alessandro La Monica 16mila euro, a Carmen Maria Rita Cinzia Marchese Ragona altri 16mila euro, a Virginia Colli cinquemila euro, a Fabrizio Escheri 5mila euro. Per i componenti del collegio sindacale le sanzioni ammontano complessivamente a 41mila euro. Si tratta di sanzioni per irregolarità del 2023, periodo antecedente alla fusione tra banca Santa’angelo e Banca agricola popolare di Ragusa.

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Secondo quanto si apprende da Repubblica, il direttore generale di Baps sarebbe indagato per ostacolo alla vigilanza perché avrebbe celato la realtà economica, patrimoniale e finanziaria della banca. Quanti filoni di indagine ci sono per la questione che ha travolto 20mila azionisti in relazione ai crediti deteriorati?  Continella adesso è imputato? Se è sì, qual è l’evoluzione del processo?
La domanda fa riferimento a fatti assai risalenti nel tempo, per i quali già nel mese di maggio 2024 il GIP del Tribunale di Ragusa ha disposto l’archiviazione nei confronti del dr. Continella. La Banca ha sempre operato con trasparenza e nel pieno rispetto delle norme, tutelando la propria reputazione, i clienti e i soci.

Fondazioni e club esclusivi collegati alla banca: progetti e finanziamenti

Nel giro della banca guidata dal direttore generale Saverio Continella tra associazioni e fondazioni orbitano diverse realtà. I collegamenti sono presto fatti a dare un’occhiata alle visure camerali. Le partecipazIoni in club esclusivi da parte dei consiglieri di amministrazione della banca non mancano. Dal Rotary di Ragusa, che peraltro pare abbia sede all’interno di un bar, il caffè Italia in piazza San Giovanni, o almeno così dicono all’ufficio turistico informazione che ha sede nella stessa piazza. Non rimane che chiamare: alla prima telefonata ci rimandano di dieci minuti. Alla seconda risponde il proprietario: «No – dice – c’era l’intenzione ma non se n’è fatto più nulla. Però vengono spesso».

Al di là della sede fantasma, all’interno del club ci sono Gaetano Cartia, presidente del club fino al 2015 e Francesco Arezzo, presidente fino al 2010 e vicepresidente ai tempi di Cartia. Caso vuole che lo stesso Rotary club abbia conferito diversi premi ai componenti del cda di Baps, non ultimo il premio Nike per la ricerca assegnato alla docente di Unict Alessia Tricomi.

Due degli esponenti delle famiglie nobiliari di Ragusa che hanno dato vita alla banca fanno parte anche dell’Ordine di Malta. Oltre allo stesso Cartia, c’è pure Carmelo Arezzo della stirpe dei Baroni di Trifiletti. Carmelo presiede anche la fondazione Cesare e Doris Zipelli collegata alla banca. Con lui ci sono anche Angelo Firrito, altro componente del cda e Serena Scalzi come erede della famiglia Zipelli. Ma all’interno della fondazione gravitano anche altre persone che ricoprono ruoli di secondo piano in Baps, e tra questi c’è Fabio Firullo che all’istituto è responsabile della sostenibilità.

Stiamo parlando della stessa fondazione che pubblicizza i film documentari di Vincenzo Cascone, ovvero il destinatario del finanziamento regionale per il progetto Bitume. Il suo nome è balzato agli onori della cronaca in qualità di assistente della deputata regionale Stefania Campo per aver ricevuto un finanziamento di 95mila euro proprio per la realizzazione del progetto edito dalla fondazione Federico II di Palermo. Nel portafogli della fondazione c’è anche il progetto Carmelo Cappello – Il volo di Icaro. Un altro documentario sempre di Cascone.

Il nome della deputata regionale compare anche in un articolo de La Sicilia a firma di Laura Curella – dell’omonima famiglia che è proprietaria della fondazione Curella di banca Sant’Angelo -, in difesa del castello di Donnafugata che appartiene, o sarebbe meglio dire apparteneva, alla famiglia Arezzo. Una pubblicazione che pare remare contro la gara che ne ha affidato la gestione ai privati.

Per quello che è un partenariato pubblico-privato sono pervenute tre proposte e a spuntarla sono state Logos Società Cooperativa e Civita Sicilia. A non farcela invece sono stati il Libero Consorzio e la Pro loco di Ragusa. Circostanza, questa, che pare non aver trovato il parere favorevole del movimento cinque stelle, in particolare proprio di Campo. Che prima finanzia il progetto di Scavone, uomo vicino alla fondazione Zipelli e poi si schiera contro l’affidamento ai privati del castello di Donnafugata in un articolo a firma Curella.

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Altra fondazione con cui Baps intesse rapporti è Samothrace, il cui presidente è Salvo Baglio. Con essa la banca e l’Università di Catania hanno realizzato un progetto da 120 milioni di euro di fondi Pnrr orientato alla ricerca e che riunisce 28 partner tra cui quattro università, cinque istituti di ricerca, quattro grandi aziende di livello internazionale e dieci piccole e medie imprese. Nel cda di Samothrace siede anche Alessia Tricomi, la docente di Unict contemporaneamente consigliera d’amministrazione in Banca agricola. A febbraio la fondazione ha compiuto due anni, alla tavola rotonda ha partecipato anche il sindaco Enrico Trantino in quel progetto di cui i contorni non sono proprio chiarissimi.

Salvo Baglio; Francesco Priolo; Enrico Trantino;

Altri progetti di Baps sono patrocinati da Thinking foundation, Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile e la fondazione Pubblicità progresso. Proprio queste hanno promosso il progetto Libere di vivere a cui hanno partecipato i membri del cda Antonella Leggio e Adriana Puglisi.

Tra i progetti messi in atto da Baps ci sono pure Living Lab Ssud e il Greentech mediterranean innovation hub. Entrambi finanziati con fondi europei. E perciò pubblici. Il primo dal valore di 150mila euro (fondi Po-Fesr), stando a quanto si legge sul sito, doveva impegnarsi a riunire più associazioni sotto la stessa sigla per promuovere il turismo attraverso l’impiego dei big data in una forma di partenariato che vedeva insieme, tra le altre, la fondazione Cesare e Doris Zipelli, l’associazione Enjoy barocco, il Consorzio di tutela del vino e Confcooperative. Per farlo si sono avvalsi dei locali al civico 47 di Corso Italia. L’inaugurazione è avvenuta nel 2023. Due anni dopo, il progetto non c’è E nemmeno la struttura. Secondo Baps il progessto si sarebbe concluso per il raggiungimento degli obiettivi.

L’altro da dieci milioni e mezzo di euro è l’incubatore di start-up Green tech mediterranean innovation hub. Un progetto da realizzare all’interno dei locali di Banca d’Italia a Ragusa. L’intento era quello di riqualificare la sede di banca d’Italia per l’utilizzo a fini scientifici. A questo scopo hanno partecipato al progetto il politecnico di Torino, l’università di Catania, il Comune di Ragusa e la fondazione Zipelli. L’acquisto della sede di banca d’Italia è costata alle casse di Baps circa due milioni di euro e altri cinque e rotti sta costando la ristrutturazione dell’ex sede dell’autorità di vigilanza. I lavori sono stati affidati alla società cooperativa Conscoop con sede legale in via Galvani a Forlì. Che a sua volta ha subappaltato alla Caec di Comiso. Il cantiere avrebbe dovuto concludersi a dicembre 2022. Tre anni dopo anche del restauro del palazzo di Banca d’Italia non si ancora nulla. L’unica risposta pervenuta è che i lavori termineranno nei tempi previsti, ma in realtà i tempi previsti sono scaduti da un pezzo.

Del Consiglio di amministrazione di Caec fa parte l’imprenditore Sebastiano Caggia, nel 2021 finito nel mirino degli inquirenti nell’ambito dell’inchiesta Genius per un presunto caso di corruzione all’interno degli uffici del genio civile di Catania. Era stato interdetto dalla carica di amministratore delegato del Caec per l’affidamento dei lavori relativi al dissesto delle strade del Comune di Aci Catena a Nurovi, l’impresa consorziata proprio con Caec. Pochi mesi dopo, quella sospensione nonché la sua posizione processuale vennero stralciate dal pubblico ministero Fabio Regolo che ne ha chiesto l’archiviazione. Nurovi, invece, in particolare Nunzio Adesini, uno degli imprenditori della ditta è stato condannato dietro patteggiamento. Al centro dell’inchiesta c’era pure Natale Zuccarello, ingegnere del genio civile, condannato a tre anni e sei mesi di reclusione e interdetto dai pubblici uffici.

Bapr svolge anche il ruolo di banca autorizzata alla gestione dei finanziamenti destinati alla filiera della frutta in guscio con contributi a fondo perduto e finanziamento agevolati per un totale di 12 milioni di euro. Il contratto di filiera è guidato dalla società leader Lbg Sicilia srl, il cui presidente è il cavaliere del Lavoro Giancarlo Licitra, già componente del cda di Baps.

La realizzazione di Palazzo Tumino e Santo Tumino

Con la banca ha avuto a che fare anche Santo Tumino, l’imprenditore locale che ha costruito la sede centrale di Baps. Di lui si racconta di una cassetta di sicurezza allocata all’interno della banca e di un finanziamento erogato da Baps per la costruzione di palazzo Tumino. Un palazzone di cemento di circa seimila metri quadrati con un valore di mercato che si aggira intorno ai 15 milioni di euro, stando alla valutazione tecnica redatta dal Comune nel 2020, ormai ridotto all’osso e quasi dimenticato da buona parte della città. Il bene pare essere tra le offerte presentate al bando pubblicato dal ministero della giustizia per l’acquisizione di un immobile per ospitare gli uffici giudiziari del tribunale di Ragusa.

«La procedura è ancora in corso, non sappiamo i tempi dell’acquisizione – spiega il sindaco Giuseppe Cassì -, spetterà a noi trasformare il bene e adeguarlo per allocarvi gli uffici giudiziari». A guardare la relazione tecnica però l’immobile non avrebbe l’impianto idrico né quello di condizionamento dell’aria. Così come mancherebbe l’impianto elettrico, il cablaggio, l’impianto di videosorveglianza, gli ascensori e i servizi igienici. Un’ulteriore operazione che al Comune «costerà parecchi milioni di euro», sottolinea Cassì, sebbene non sia ancora stata fatta una stima dei costi.

Le partecipazioni di Baps, le famiglie dietro la banca e le società ad esse collegate

Tra le società che ruotano attorno a Banca agricola ci sono cementerie e ditte di costruzioni come Operes, Cosedil, Leone La Ferla spa e il Consorzio Scarl; imprese di famiglia come Ilap, Trafilerie Siciliane e Sisac di proprietà della famiglia Leggio; società di consulenze come Consulting spa e Consulenze & Co.; concessionarie di auto come Scar della famiglia Schininà; società di assunzione di partecipazioni come Delta 6 partecipazioni srl. E poi c’è la società di gestione del risparmio Arca Fondi in cui Baps ha una partecipazione pari a circa il tre per cento.

In queste società, fatta eccezione per Arca, vantano partecipazioni e ruoli di vertice gli stessi che ricoprono incarichi proprio in Baps o che con la banca guidata da Arturo Schininà hanno o hanno avuto a che fare. La questione è stata oggetto di diverse sedute assembleari nelle quali si è discusso anche di potenziali conflitti d’interesse e delle difficoltà di accesso ai documenti contabili. Senza che però si arrivasse a una soluzione. «Per visionare bilanci e relazioni era necessario chiedere l’autorizzazione – racconta chi in banca agricola, prime di venedere tutto, aveva quote azionarie rilevanti – che non ci concedevano e, quando concesse, è stato fatto alla presenza di un funzionario dirigente per evitare di fare foto sui documenti che venivano prodotti in assemblea, così tutto passava in sordina».

Le imprese della famiglia Leggio: Ilap, Sisac e Trafilerie siciliane

A guidare il consiglio di amministrazione di Ilap, impresa che a Ragusa si occupa della lavorazione della plastica c’è Giovanni Longiave e al suo interno ci sono i consiglieri Leonardo e Leandro Licitra e Antonella Leggio. Quest’ultima già consigliera di amministrazione della banca. È uno dei tanti conflitti d’interesse che, stando alla ricostruzione di chi la banca la conosce, è stato sollevato più volte in assemblea.

La famiglia Leggio è una di quelle famiglie che a Ragusa contano. E non poco. Oltre a Ilap si occupano della lavorazione di plastica e acciaio anche con Trafilerie siciliane e Sisac spa. Leonardo Licitra è presidente di Sicindustria e del consilgio di sorveglianza di Aerolinee siciliane. Di Trafilerie siciliane è amministratore unico Silvio Leggio che nel 2014 è stato amministratore delegato di Sisac, altra impresa di famiglia in cui adesso ricopre la carica di vicepresidente del cda accanto ad Antonella Leggio che ne è la presidente.

Cementerie e ditte di costruzioni: Cosedil, Lavori Scarl, Leone La Ferla spa

Attorno a Baps ruotano anche gli interessi di ditte di costruzioni e cementifici che sono vicini a Confindustria Sicilia e alla politica, in particolare a Fratelli d’Italia. Alle quali vengono affidati appalti pubblici tra Catania, Siracusa e Ragusa. Alcune di esse sono coinvolte in inchieste giudiziarie.

Cosedil

Nel consiglio di amministrazione dell’azienda con sede legale in piazza della Marina a Roma e sede amministrativa in via Princessa a Santa Venerina, ci sono Andrea e Gaetano Vecchio (padre e figlio), Alberto Zappulla e Pietro Trovato. Vecchio figlio è anche presidente di Confindustria Sicilia. Nel collegio sindacale risulta anche il nome di Paolo Bonaccorso, consigliere di amministrazione in Banca agricola popolare di Sicilia e fondatore e partner con Giuseppe Samperi (parallelamente nel collegio sindacale di Cosedil) della Consulenze & Co., società di revisione dei conti con sede in viale XX Settembre a Catania. Nel 2023 Cosedil si fonde con Operes, la società che si occupa di infrastrutture e che rappresenta una costola della ditta dei Vecchio.

Cosedil è aggiudicataria di diversi lavori nel territorio di Catania. Tra i quali il completamento del rione San Berillo con la riqualificazione della viabilità interna pedonale e ciclabile; quella di corso Sicilia e di piazza teatro Massimo fino a piazza Pietro Lupo e la realizzazione del parco di Librino con la riqualificazione di viale Moncada e viale San Teodoro. Lavori finanziati con fondi del pnrr per due milioni di euro. Altrettanti sono stati concessi per corso Sicilia, altri due milioni per piazza Vincenzo Bellini e sette milioni per gli interventi su Librino. Questi ultimi attraverso Invitalia.

La ditta si è aggiudicata anche la gara d’appalto di Rfi per la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori del nuovo collegamento ferroviario nella tratta Catania-Siracusa e il porto di Augusta. L’intervento è stato finanziato con 69 milioni di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ha inoltre ricevuto l’affidamento dei lavori per il porto di Palermo con l’implementazione del sistema per ridurre l’inquinamento ambientale e acustico.

Cosedil collabora anche con la facoltà di economia dell’Università di Catania. Insieme al cavaliere del lavoro Giovanni Arena del Gruppo Arena ha tenuto un convegno sul futuro dei giovani e ogni anno rinnova l’offerta formativa con un tirocinio curriculare.

Di convegno in convegno, il 29 marzo Cosedil ha festeggiato i suoi 60 anni al porto di Catania, alla Nu Dogana alla presenza del presidente del’Ars Gaetano Galvagno, del sindaco di Catania Enrico Trantino e del presidente Renato Schifani. Vicini alla ditta dei Vecchio implicata in diverse vicende giudiziarie: dalle richieste di pizzo alla ditta fino all’indagine Scirocco in cui si è aggiudicata la gara per l’autostrada Caltanissetta per 2,7 milioni di euro. Nel 2008 Vecchio denunciò anche alcune telefonate mute ricevute, che però non trovarono riscontro investigativo e portarono la procura di Catania a disporre la citazione immediata a giudizio per simulazione di reato

Cosedil è finita anche al centro dell’inchiesta per i reati di turbata libertà degli incanti, abuso d’ufficio e corruzione, commessi a Messina tra il 6 marzo del 2014 e il 5 novembre del 2015 per l’affidamento dell’appalto della autostrada Siracusa-Gela aggiudicato dal raggruppamento temporaneo di impresa composto da Condotte d’acqua spa e Cosedil. Secondo gli inquirenti l’esito dell’appalto dal valore di 290mila euro sarebbe stato condizionato da elementi esterni riconducibili ai vertici del Cas ed a consulenti dell’impresa Condotte, collegati ad ambienti politici ed amministrativi della Regione siciliana.

Le società nel frattempo si erano consorziate in Cosige Scarl. In mezzo c’era anche la Pachira Partners, società riconducibile a Nicola Armonium, alla quale vennero affidati i servizi di consulenza legale e amministrativa per un valore di un milione e 650mila euro. In realtà però la società sarebbe stata una scatola vuota che aveva ricevuto l’incarico fiduciario dal presidente di Condotte Duccio Astaldi, poi formalizzato dal presidente di Cosige e dirigente della Condotte e presidente del consorzio, Antonio D’Andrea. Per questo Astaldi e D’Andrea nel 2018 finirono ai domiciliari insieme agli avvocati Stefano Polizzotto e Gaspare Sceusa, dirigente del Cas, già sospeso dai pubblici uffici per la frana di Letojanni. Cinque anni più tardi, in primo grado, Astaldi è stato condannato a sei anni e sei mesi e a quattro è stato invece condannato D’Andrea. Un anno con pena sospesa, invece, per Sceusa.

Leone La Ferla, titolare del cementificio a Melilli, è stato consigliere di amministrazione in Bapr nel 2020 ed è attualmente nel cda di Banca di Sconto di cui Baps detiene circa il 3 per cento del capitale sociale al fianco di Ibl Banca con il 67 per cento e Tecnocasa Holding con il 30 per cento. Procuratore speciale della ditta di calcestruzzi è Edoardo La Ferla che dal 2024 ricopre anche il ruolo di presidente dei giovani imprenditori di Confindustria Sicilia.

Vicino a Baps c’è anche la società consortile Scarl Pa 27/22. Amministratore unico di Scarl è Nunzio Pistorio che era anche amministratore di Operes prima che la stessa venisse incorporata da Cosedil che, a sua volta, detiene il 34 per cento di Scarl. Le tre aziende infatti hanno tutte sede legale in via Princessa 22, a Santa Venerina.

Ibl Banca, Banca di Sconto e Delta Partecipazioni srl

Del gruppo Ibl fa parte anche Banca di sconto, in cui Baps ha il 3 per cento delle quote societarie. Almeno questo è quanto risulta sul sito di banca agricola popolare, anche se non trova riscontro in visura camerale. Vicepresidente di Banca di Sconto è Mario Giordano che ha la totalità delle quote di Delta partecipazioni srl, società del gruppo Ibl. Nel collegio sindacale di Banca di Sconto c’è anche Crisitina Risi che contemporaneamente è anche nel collegio sindacale di Delta e dell’azienda Daimler Truck Financial services Italia spa.

Consulting spa

Baps ha una partecipazione anche in Consulting spa, la società di consulenza bancaria con sede a Sondrio di cui fa parte anche Gaetano Cartia. Nel cda di consulting spa c’è anche Mario Crosta, presidente della banca di credito popolare Torre del Greco, per la quale Banca agricola e le Popolari Puglia e Basilicata starebbero intessendo una rete per salvare la banca dal fallimento.

Arca holding spa

Banca agricola collabora con Arca Fondi – del gruppo Arca Holding spa – in cui ha una quota pari al quattro per cento. La società per la maggior parte è di proprietà di Bper e Banca di Sondrio. «La collaborazione con Arca va avanti da anni», dicono fonti interne alla banca. «Nella sua funzione “educatrice – si legge nella dichiarazione consolidata non finanziaria del 2023 – a favore di quei risparmiatori che hanno difficoltà a muoversi in un mercato sempre molto complesso». In breve, una delle banche che finanzia con 99 milioni di dollari la guerra in Palestina possiede quasi la totalità di una delle più grandi società di gestione del risparmio italiane che a dicembre 2024 ha raggiunto i 45 miliardi di euro e di cui Baps è socia.

Stando a quanto ricostruito dall’indagine Profundo del gruppo di ricerca olandese, i titoli di guerra acquistati da Bper infatti sarebbero in realtà di Arca Fondi. Ergo: anche Baps, da una parte finanzia la guerra in Palestina e dall’altra lascia a secco 20mila risparmiatori. Il tutto tramite la società amministrata da Giuseppe Lusignani che è contemporaneamente socio e vicepresidente del Consiglio di amministrazione di Prometeia. Arca gestisce anche Arca previdenza, uno dei primi Fondi pensione aperti e intestato a Bnp paribas. Alla quale Arca dal 2021 ha affidato i servizi di securities services con la gestione e lo scambio di titoli. Di Arca Fondi fa parte come membro del comitato di remunerazione anche Paola Bergamaschi, consigliera di amministrazione in Unicredit. Un’altra banca che finanzia la guerra.

Piercarlo Padoan, Elena Carletti, Andrea Orcel, Paola Bergamaschi, Paola Camagni, Vincenzo Cariello, Antonio Domingues, Julie B. Galbo, Jeffrey Alan Hedberg, Beatriz Lara bartolome, Maria Pierdicchi, Marco Rigotti, Francesca Tondi, Gabriele Villa

Come in Baps, anche in Unicredit, ci sono viticoltori, grandi imprenditori del settore alberghiero, agricolo e della formazione, cavalieri del lavoro, docenti universitari, titolari di concessionarie di auto, di società di telecomunicazioni e finanziarie, direttori di giornale e produttori di bibite destinate al commercio internazionale.

Unicredit ha avuto un ruolo anche nella vicenda legata al crack della Parmalat, sebbene tramite Capitalia prima che la stessa venisse incorporata dalla banca presieduta da Piercarlo Padoan. Così, come ha avuto un ruolo anche Maria Pierdicchi che a quei tempi era direttore generale di Standard & Poor. Proprio l’agenzia di rating che avrebbe dovuto valutare i documenti di Tanzi in merito al pagamento di un bond di 100 milioni di euro all’epoca del crack Parmalat. Fu proprio Pierdicchi a rilasciare dichiarazioni alla stampa da componente di Standard & Poor’s.

«Noi ci dobbiamo fidare dei dati che la società ci fornisce, nessuno metteva in dubbio il pagamento di un bond da 100 milioni di euro» dichiarava a Report Pierdicchi. «A un certo punto a Parmalat non è bastato l’appoggio di Luciano Silingardi, capo della cassa di risparmio di Parma e Franco Gorrieri, presidente della Banca del Monte, ma ha dovuto farsi aiutare anche da Capitalia, San Paolo Imi, Bankintesa e molte altre banche, si legge nell’inchiesta di Report. Ecco perché i magistrati hanno indagato Giampiero Fiorani, amministratore delegato della popolare di Lodi ed altri tredici dirigenti di Union de Banque Suisse, Jp Morgan, banco Santander, Deutsche Bank, Morgan Stanley, Bank of America e Nextra, società legata a Bankintesa. Poi tutti assolti. Quattro anni più tardi avvia la fusione con Unicredit.

Nel 2002 le attività bancarie vengono trasferite al Banco di Sicilia, controllato al cento per cento da Capitalia. Siamo nel 2007 quando i due istituti si fondono e la banca sbarca in Sicilia con il marchio Banco di Sicilia, nel quale sono confluiti tutti gli sportelli Unicredit, Banca di Roma e Bipopop Carire. Cinque anni prima Unicredit aveva assorbito il Mediocredito.

Dal 2024 si occupa dei servizi di tesoreria della Regione Sicilia la privatizzazione del Mediocredito quando entra ufficialmente nell’orbita della banca di Roma. Un appalto che vale quattro milioni e 500mila euro che la banca guidata da Orcel si è aggiudicata con un ribasso del 51 per cento. Per quella che è stata una gara nella quale è pervenuta una sola proposta. A sentire la Regione, con lo sconto applicato alla commessa, Palazzo d’Orleans risparmierà 400mila euro all’anno e due milioni di euro durante tutto l’appalto. Nello stesso anno Unicredit ha versato nelle casse della Regione circa 82 milioni di euro di tributi, ovvero il 10 per cento in più rispetto al 2023. In sette anni l’istituto avrebbe versato circa 500 milioni di euro secondo il presidente della Regione Renato Schifani.

La storia di Unicredit si intreccia con quella della mafia, quando il Banco di Sicilia eroga un mutuo da 120mila euro a uno dei parenti di Totò Riina. Si tratta di Maria Concetta Riina, figlia di Gaetano Riina, fratello del boss mafioso. Una storia che ha inizio nel 2005 e che si è conclusa il 27 gennaio con la sentenza della Cassazione che ha rigettato il ricorso di Unicredit che vantava la legittimità del mutuo fondiario concesso ai Riina su un terreno di Mazara del Vallo, peraltro confiscato.

UniCredit è inoltre il principale fornitore italiano di credito a settori ad alto impatto sugli ecosistemi spendendo tra investimenti e prestiti circa 117 miliardi di dollari dal 2016. Tra i beneficiari principali di UniCredit spiccano gruppi come Adm – Archer Daniels Midland, Le Groupe Lactalis e Egger Group, operanti nei settori della mangimistica, dei biocarburanti e del legname. UniCredit ha investito anche in gruppi come Unilever, Nestlé e FrieslandCampina, attivi nel settore lattiero-caseario, in quello della produzione e della lavorazione di carne e in quello agricolo.

Advisory board 

Nico Torrisi, Marco Romano, Maria Cristina Elmi Busi, Giancarlo Licitra, Massimo Midiri, Patrizia Di Dio, Francesco Tornatore, Antonio Perdichizzi, Antonio Rallo, Giuseppe Russello, Carmelo Giuffrè, Marcello Mangia, Piero Giglione
Gian Maria Gros Pietro; Paolo Andrea Colombo, Carlo Messina, Franco Ceruti, Paola Tagliavini, Liana Logiurato, Luciano Nebbia, Bruno PIcca, Livia Pomodoro, Maria Alessandra Stefanelli, Bruno Maria Parigi, Daniele Zamboni, Maria Mazzarella, Anna Gatti, Fabrizio MOsca, MIlena Teresa Motta, Maria Cristina Zoppo, Alberto Maria Pisani, Roberto Franchini

Come per Unicredit anche la storia di Intesa San Paolo si intreccia con la mafia. In particolare, la nascita della banca è legata al banco Ambrosiano. Fondato nel 1896, fallì nel 1982 a seguito di uno dei più gravi dissesti bancari italiani sotto la presidenza di Roberto Calvi, soprannominato Il banchiere di Dio. Calvi si avvicinò a faccendieri legati alla criminalità organizzata romana, nello specifico alla banda della Magliana e al boss di cosa nostra Pippo Calò, intensificando l’attività di riciclaggio di denaro. Come per banco ambrosiano anche la Banca sicula di Trapani, fondata dalla famiglia D’Alì, è stata incorporata da Intesa San Paolo nel 1991 quando si chiamava banca commerciale italiana.

Intesa San Paolo vanta un diritto di pegno in Mundy’s, la nuova denominazione di Atlantia spa. Ovvero la stessa multinazionale di proprietà dei Benetton che potrebbe prendere in gestione l’aeroporto di Catania dopo l’approvazione della privatizzazione dei servizi aeroportuali gestiti da Sac. Dietro la società in realtà si nasconde un mondo fatto di banche e che va da Intesa, appunto, a Unicredit a Bpm fino a JpMorgan.

La banca si appresta a varare il nuovo Consiglio di amministrazione. In questi giorni le fondazioni azioniste stanno presentando la propria lista di candidati. Complessivamente detengono il 18 per cento del capitale. Tra queste ci sono la Compagnia di San Paolo (6,4%), Cariplo (5,3%), Cariparo (1,8%), Carifirenze (1,8%), Carisbo (1,2%) e, per la prima volta, anche CrCuneo, ex socio di riferimento di Ubi Banca che dopo l’opas del 2020 è entrato nel capitale di Intesa con l’1,1%.



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